09 ottobre, 2006

ROBIN GUTHRIE Continental Rocket Girl/Audioglobe

Con l’uscita di Continental tornano alla luce due splendide realtà della musica made in UK: per cominciare riprendono le pubblicazioni della Rocket Girl di Vinita Joshi, la coraggiosa e lungimirante titolare dell’etichetta discografica più indipendente di Londra; a “santificare” questa rinascita arriva Robin Guthrie, indimenticabile chitarrista dei mai troppo compianti Cocteau Twins ed oggi affermato produttore, oculato talent-scout e soprattutto straordinario musicista. Il rapporto lavorativo che la Joshi ha intrattenuto con la Bella Union (etichetta fondata proprio dai Cocteaus ed oggi gestita dal solo Simon Raymonde) deve aver funzionato da collante per questo piccolo ‘rapimento’ di Guthrie dalla sua label; colpa anche degli screzi seguiti alla pubblicazione (ed alla blanda promozione) di Imperial, ultimo lavoro solista del chitarrista scozzese fino a questo momento. Ed eccoci al fine a parlare di Continental, e non possiamo che esser lieti di ascoltare il ritorno ad un suono così legato allo shoegazing di inizi anni novanta. Finalmente ci si può riappropriare di una purezza che ha molto in comune con una catarsi dello spirito, dove la rarefazione delle tessiture musicali si intreccia ad un turbine emozionale di rara intensità. I territori sono quelli di Victorialand, delle collaborazioni con Harold Budd e della pagine più placide e malinconiche dei Cocteau Twins, ma non mancano neppure le folgoranti esplosioni ed il calore sanguigno di queste chitarre eccezionalmente passionali. Sebbene non si possa parlare di un lavoro innovativo, coloro che hanno amato i caleidoscopi di colore e le sonorità avvolgenti di casa 4AD troveranno quest'album imperdibile.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il disco di Robin Guithrie è così avvelenato di autocompiacimento da far venire la nausea. Scusa ma oso dissentire. Rocket Girl? La più indie di tutte? E' bello vedere che esistono ancora dei sognatori. Essere indie non ha nulla a che vedere con produzioni scalcagnate e magre saccocce. Ascoltati di nuovo la c86. Forse ti ricorderà cosa vuol dire essere indie.

Anonimo ha detto...

Il disco di Robin Guithrie è così avvelenato di autocompiacimento da far venire la nausea. Scusa ma oso dissentire. Rocket Girl? La più indie di tutte? E' bello vedere che esistono ancora dei sognatori. Essere indie non ha nulla a che vedere con produzioni scalcagnate e magre saccocce. Ascoltati di nuovo la c86. Forse ti ricorderà cosa vuol dire essere indie.