
La storia è piuttosto divertente e colpisce per ciò che riesce a mettere in campo. Innanzitutto, chi mi dice che il procuratore, senza lo sventolio dell'esca, avrebbe mai infastidito un minore portandoselo magari a letto? Chi produce il reato? La realtà è surrogato del virtuale e c'è o no la possibilità di appellarsi a un possibile rapporto di minoranza?
L'avvilupparsi continuo di storia oggettiva, racconto, produzione testuale e falsificazione semiologica, massacrandosi l'una contro l'altra, rende veramente difficile la ricerca di una comprensibilità razionale. Confrontato a un caso come questo, quello dei pischelli italiani che hanno malmenato il ragazzo down sembra essere ancora all'età della pietra: si sono rivolti a qualcosa di preesistente per diventare, a loro modo, famosi. E il caso di Dateline non riesce neanche a richiamarmi alla mente Debord o Baudrillard: lo spettacolo non è concentrato o virtualizzazione continua, semplicemente queste categorie non hanno più aggancio su niente o una concreta giustificazione.
Giusto per rimanere dentro la violenza...
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