Sempre a proposito di cose belle, ci sarebbe anche da considerare tutta la fatica che ci regalano. Tutto il peso nascosto dietro a quello che ci potrebbe riuscir facile se solo volessimo impegnarci. Se guardo le cose che ho lasciato a metà, vi trovo un sacco di spunti, un'infinità di possibili sviluppi che ho colpevolmente deciso di smorzare, di soffocare senza una vera e propria ragione.
E' da quando disegnoscrivo che non ho mai mollato la presa su una mia ossessione per la paternità, non tanto per la sua componente procreativo-educativa, quanto per il gioco di contrasti che fra padre e figlio (maschio vs. maschio) diventa la base di un rapporto, segnando la sola possibile ipotesi di continuità, di perpetrazione, ossia la sostituzione del figlio al padre.
C'è un passo splendido di un libro per me fondamentale, Rumore bianco di Don DeLillo. Purtroppo non ho il libro sottomano, quindi cito a memoria. Un gruppo di professori chiacchierano a tavola. Uno di loro domanda serafico:
- A quanti anni vi siete accorti che vostro padre era un coglione?
Ecco, in questa battuta, detta in tutta naturalezza e accolta con altrettanta tranquillità dai commensali, c'è la condensazione e il superamento delle ansie edipiche, di tutto quel meccanismo psico-terroristico alimentato dal pensiero post-freudiano. Insomma, il superamento del padre qui torna a essere quello che è sempre stato: un'inevitabile componente biologica, sociale solo di riflesso, culturale o patologica solo se sovrastutturata e/o drammatizzata.
Tutto questo per dirvi che da sempre disegnoscrivo di padri e figli. E i pastrocchi che accompagnano queste parole (cliccate sulle immagini per il totale) ne sono una prova: matite per una storia lasciata in sospeso un paio d'anni fa. Una storia dedicata a mio padre. A quell'adulta innocenza che non l'hai mai spinto a fingersi un uomo migliore. Alla mia stupida fortuna di figlio.
(Immagini: Mio padre, Pasquale La Forgia)
18 commenti:
chissà perchè i rapporti con i genitori del proprio sesso sono sempre così difficili, chissà.
il superamento del genitore, in generale, è un trauma. ma se non avviene, è una delusione per lo stesso genitore, che aspira sempre e comunque che suo figlio diventi migliore di lui.
i tuoi disegni sono bellissimi.
il secondo è quello che preferisco. contrasta un po' di più.
il mio preferito mi sa che è il terzo.
cimba "grazie ancora per il link" limba
@ fede & cimba:
grazie mille, signorine... ma voi viaggiate sempre in coppia?
pasquale "biglietti, prego" la forgia
@ fede:
a dire il vero io preferisco vederla in un'altra ottica. ossia: il fatto che il figlio debba superare il padre (non so se questo valga anche fra madre e figlia), più che come trauma, mi pare sia ormai comunemente inteso come un rodatissimo meccanismo biologico. per questo citavo delillo. e sempre per questo spero che ci si liberi da certa ansiogena chincaglieria post-freudiana.
pasquale "te la do io la psiche" la forgia
mi sono un pò commossa. sei bravo pasquale...comunque grazie del link (chincaglieria post-freudiana), fa sempre bene riguardare quella chicca di sogni d'oro(che fa ridere un pò ma che è poi così triste, in fondo)ne approfitto per farti un saluto
anna
ciao anna,
ooops... a me non piace far piangere la gente... ecco perché poi alla fine ci piazzo un bel remo remotti che sbraita interpretando un freud in liquidazione totale.
grazie mille, davvero.
pasquale "no woman no cry" la forgia
ps: fatti sentire via mail (artistanchi@hotmail.com)! ho perso il cellulare e non ho più il tuo numero di telefono!!!
è un peccato che queta storia sia rimasta sospesa (e te lo dice uno che ha i cassetti pieni di progetti rimandati)e c'avevo visto giusto, il talento c'è eccome.
meccanismo biologico che comporta comunque trauma.
secondo me.
se superi il genitore, vuol dire che c'è un momento in cui ti senti migliore di lui?
se ti senti migliore di lui, sei un ingrato stronzetto?
scusate il francesismo da signorinella per benino.
cmq, si, al variare del sesso, la questione non cambia.
@ matteo:
sei gentile. vedrò quel che posso fare. certo è che per ora quei disegni sono un capitolo chiuso.
pasquale "shy boy" la forgia
@ fede:
non ci vedo nessun trauma, davvero. o almeno non riesco a figurarmi il groppo in gola, lo stato d'ansia, la percezione delle conquista (o del fallimento...).
provo a spiegarmi meglio. il ricorso del pensiero freudiano all'universo simbolico della mitologia ha di certo caricato d'ansia e melò tutte le normali e inevitabili fasi della vita di una persona. ora, io adoro questi riferimenti mitologici, e il mio amore prende tutto in blocco: quindi mi tengo anche il sangue, la violenza, l'atrocità di questa spendida tradizione culturale... ma al tempo stesso non trovo necessaria o - peggio ancora - inevitabile la traccia di questa drammaticità nel percorso di crescita di una persona (uomo o donna, qui mi permetto di generalizzare).
forse non mi sono spiegato affatto... non so... ditemi voi qualcosa.
pasquale "identità culturale" la forgia
a volte capita, sentendoti migliore di un tuo genitore, di sentirti al contempo anche stronzo.
è la presa di coscienza che il genitore ha fatto il suo tempo.
tu mi dici: cosa c'è di traumatico in questo? io ti rispondo: il pensare appunto che una persona, con tutto il suo carico di cose, stia scadendo. ed è magari tuo padre.
forse ho esagerato, da romana. "è un vero trauma" si dice spesso, a roma.
intendevo dire, non che mi segna a vita lasciando indelebile traccia, ma che mi lascia un retrogusto amarognolo che preferivo non assaporare.
è biologico e dovresti rimanere quindi biologicamente indifferente, ma, a me non capita così. ...a te si?
poi, tu mi dici che è colpadelricorsodel pensierofreudianoalluniversosimbolico dellamitologia... che faccio, te credo sulla parola??
cara fede,
per me il punto non è "sentirsi migliore" del proprio padre (e qui torno a parlare solo di padre-figlio), ma capire quando non si è più figli, pur non essendo ancora padri. la frase di delillo è di certo molto forte, ma si deve andare oltre la franchezza verbale del personaggio. la questione è capire che non c'è alcuna violenza, spodestamento, rivoluzione nel superamento del proprio genitore. perché non è una questione fisica, che forse in anni precedenti poteva riguardarci direttamente:
divento più forte di mio padre,
lui è vecchio e stanco,
io lo sostituirò nel suo ruolo di capo famiglia.
è da interpretare e vivere non come un salto di generazione, ma come la personale emancipazione dal ruolo di figlio. un'emancipazione che a sua volta genererà - si spera - altre emancipazioni. è il fascino creaturale della vita. il suo imporsi.
pasquale "good time for a prophecy" la forgia
@ fede:
ah ah ah! c'eravamo già beccati su un quiproquo simile... nei commenti al post più palloso della storia! quello di elvio sull'uguaglianza... sempre una cosa sul "sentirsi migliore".
pasquale "good time for a déjà vu" la forgia
ale questi giorni sono veramente troppo incasinato. tra un paio scrivo il post sul padre, promesso.
sergio
caro sergio,
se non scrivi immediatamente il post che ti ho commissionato, puoi anche scordarti la tua razione di ceci. tutt'al più potrei scodellarteli - ancora secchi - sotto le ginocchia.
con affetto.
il tuo amato direttore,
pasquale "j. jonah jameson" la forgia
ok, allora fai conto che ti riscriverei le stesse cose, con all'inizio: "a volte capita, sentendoti emancipato dal tuo ruolo di figlio, di sentirti al contempo anche stronzo", anzichè: "a volte capita, sentendoti migliore di un tuo genitore, di sentirti al contempo anche stronzo". le conseguenze, per me, non cambiano. ti rifaccio la domanda: tu resti davvero biologicamente indifferente a questo?
...mygod! il post più palloso della storia! ...paura eh???
fede "a volte ritornano" del proposto.
cara fede,
mi sa che ti stai fissando un po' troppo sul tono della citazione di delillo, che sta lì solo perché esemplifica - con una chiarezza iperbolica - quel superamento del "dramma edipico" di freudiana memoria. non è necessario avere un padre idiota (e prendere coscienza della sua idiozia) per emanciparsene, non è questo che volevo dire. per questo ribadivo che non volevo parlare del "sentirsi migliore". se proprio volessimo usare questo concetto, lo trasformerei più che altro in "sentirsi pronto" o (altro déjà vu del nostro precedente quiproquo) "sentirsi adatto alla sopravvivenza".
è per questo motivo che parlo di "biologia", ma non mi pare di aver parlato di "indifferenza". davvero, non mi interessa caricare di groppi in gola queste cose. e non per insensibilità o che (anch'io ho un cuore!), ma perché si cresce. punto. e questo non vuol dire smettere d'amare (anche solo rispettare) le persone che ti sono state sempre vicine. vuol dire solo prendere il loro posto, che si diventi padri a propria volta o meno. liberare una persona - per quanto ci è possibile - dalle sue responsabilità, dalle sue proccupazioni di genitore: è il regalo più bello che un figlio possa fare a chi gli ha dato la possibilità di crescere.
pasquale "it's human nature" la forgia
non ho mai detto che è necessario avere un padre idiota, non neanche detto che si smette di amare le persone vicine.
grrrr
grrr
ehm... giusto per non fermarci al diciassettesimo commento.
pasquale "radici illuministe" la forgia
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