26 gennaio, 2007

Virtuosismi di carta - K. Hayashi


A volte il termine carta è utilizzato per svigorire: uomo di carta... Non me l'ha mai detto nessuno fortunatamente.
Dopo Carlo Giovani scopro altri talenti sconosciuti (da noi) che di questa carta fanno dei capolavori.
K. Hayashi, dolcissimo e meticoloso.
Nella foto vediamo Caramel: un bambino regala le caramelle ad una piccola.
Dolcezza di carta...

10 commenti:

Anonimo ha detto...

La domanda è:
assegni valore aggiunto al fatto che sono realizzati in carta o la stessa cosa in 3D per te sarebbe lo stesso?
E. Foodstock

Roberto La Forgia ha detto...

perchè è fatto di carta.
in 3d non sarebbe lo stesso perchè non ci sarebbe la carta. non sentiresti il lavoro che c'è dietro e l'effetto, infondo, sarebbe diverso. migliore o peggiore non ha importanza.
sarebbe diverso.

Anonimo ha detto...

interessante domanda di elvio. Secondo me in quanto immagine statica non cambia molto se sono in 3d o in carta. Voglio dire, hai letto che sono fatti di carta e per questo ti sei fatto un'idea, ma senza saperlo, per me sarebbero potuti essere anche modelli 3d. Ciò che cambia (ripeto, in quanto immagini statiche di un lavoro precedente) è quindi l'idea che ci si fa una volta che si conosce il processo di lavorazione. Inoltre il fatto che tali lavori siano presentati con una certa cura fotografica (basti vedere lo sfondo e gli angoli sfumati), rafforza l'idea che di questi si voglia evidenziare più l'effetto finale che non l'artigianato manuale.

Roberto La Forgia ha detto...

caro fooosco,

gli angoletti gli ho tagliati io.
per me invece fa differenza se il lavoro è fatto in un modo o nell'altro.
in fine mi interessa il risultato finale ovviamente ma il processo lavorativo, tra le varie cose, genera la potenza dell'opera.

lavoro è pensiero, stile di vita.
il metodo dice qualcosa e serba elementi che possono affascinare oppure no.

se la cappella sistina fosse ricorpeta da gigantografie su carta anzichè da affreschi ne sarei ugaulmente colpito ma nel primo caso non sarei travolto dalla potenza del progetto e della determinazione con cui è stato eseguito il tutto.

non è un fattore determinante ma scatena qualcosa, secondo me.

in ogni caso, le sculturine di carta oltre ad essere fatte di carta sono ben concepite.
se fossero in 3d le avrei notate ugualmente (con meno bava alla bocca, confesso).

Anonimo ha detto...

L'artigianalità, in questo caso, ha senso se pensiamo ad un'esposizione di questi lavori, dove sarebbe possibile girarvi intorno e apprezzarne la fisicità e la spazialità concreta, ma, come ben dice il caro Fooosco (cui facciamo i migliori auguri di buon compleanno), la traduzione su due dimensioni, foto o schermo, statica o dinamica, equipara la lavorazione manuale o tridimensionale-virtuale.
Con fatica, perchè anch'io ci sono affezionato, la manualità-artigianalità deve, sempre più, confrontarsi con la modellazione 3D che, dal suo canto, acquista sempre maggiore perfezione, credibilità e dignità.
Addio caro vecchio mondo.
E. Foodstock.

Roberto La Forgia ha detto...

siamo sicuri che la manualità debba confrontarsi con i processi di altri settori quali il digitale?
e perchè?

io ho i miei dubbi. m'interessa la vostra opinione in merito.

Anonimo ha detto...

roberto, essendo architetto so perfettamente che il processo lavorativo costituisce una componente essenziale del lavoro, a volte preponderante nel caso della costruzione architettonica. Ma in questo caso mi pongo un problema di comunicazione e mi trovo perfettamente d'accordo con quanto scrive elvio nella prima parte del suo ultimo commento, al quale non c'è nulla da aggiungere. Non voglio schierarmi a favore né dell'artigianato manuale, né della modellazione digitale, non mi interessa, piuttosto cerco di capire cosa mi stia mostrando l'autore; in questo caso non mi sembra che la lavorazione cartacea costituisca uno degli aspetti essenziali, che tradotto vuol dire che la virtuosità manuale passa in secondo piano rispetto all'immagine di dolcezza (come l'hai ben descritta tu) che le opere mi comunicano.
Inoltre mi rendo conto in prima persona che, in quanto grafici disegnatori, ecc. siamo portati a interrogarci spesso più sulla lavorazione che non sullo scopo (leggi: l'effetto) per il quale l'opera è realizzata. Spero di avere chiarito il commento iniziale.

Per quanto riguarda poi la modellazione 3d, questo è un altro medium, e il confronto che propone elvio non deve essere per forza una negazione delle potenzialità dell'artigianato.

Roberto La Forgia ha detto...

credo che la pubblicazione online o su riviste di un lavoro tridimensionale abbia cause promozionali su cui è inutile porsi domande.

certamente la migliore fruizione è quella dal vero.

il confronto che propone elvio non nega le potenzialità dell'artigianato ma lo sottopone ad una sorta di "gara" con altri linguaggi.
che può pure far bene, può far male, questo lo possiamo valutare in base ai singoli casi.

la strategia migliore per un paper-worker (si dice così?) sarebbe quella di trasformare tutte le debolezze della carta in forza.
non so come.

il virtuosismo ha certamente il suo fascino.
la possibilità di interazione con l'oggetto è un'altra ancora più interessante.
per il momento non ho ancora pubblicato un esempio.

ne ho trovato uno (debole a dire il vero).
lo posto domani.

ciao

Anonimo ha detto...

Condivido quanto dice Roberto quando afferma la necessità di "trasformare tutte le debolezze della carta (o di qualsiasi altro materiale o tecnica) in forza"... e non credo esista una tecnica migliore di altre. Il virtuale dilagherà ma non soppianterà completamente le altre tecniche, se la storia, pur non ripetendosi, insegna qualcosa.

Nell'ultimo film di Michel Gondry, L'arte del sogno (The science of sleep), le tecniche manuali trovano piena integrazione, e in modo convincente, con quelle multimediali e non simulano ne fanno rimpiangere modellazioni 3D o effetti virtuali. Sono convincenti perchè coerenti con la storia e con quanto vuole esprimere.
"Il favoloso mondo di Amelie" (Le fabuleux destin d'Amélie Poulain) di Jean-Pierre Jeunet ottiene risultati simili con la modellazione 3D virtuale.
(Entrambi consolidano una nuova e interessante via francese al cinema, tra realtà e fantasia).

Forse quello che lascia perplessi nei lavori in carta presentati nei recenti post è la loro convergenza visuale verso i risultati della modellazione 3D, quasi a dover dimostrare di essere all'altezza di quella perfezione e linguaggio, anzichè perseguire con più decisione le proprie specificità (è una sorta di lotta a nascondere i limiti della carta, anzichè evidenziarne le caratteristiche).
Ma quello che, forse, soprattutto manca, è la ragione per cui si è scelta una tecnica rispetto ad un'altra o, meglio, la sua non evidenza immediata.
E. Foodstock.

Roberto La Forgia ha detto...

ne Carlo Giovani ne Hayashi, come dice Elvio, giocano con le potenzialità della carta e quasi sembra (condivido) che puntino a scopi influenzati dagli elaborati 3d nella loro forma più comune.
è vero, in ogni caso non pretendo da un'opera che ci sia sempre e comunque una riflessione sul mezzo o sperimentazione di questo.
in ogni caso, condivido le vostre perplessità.

ne l'arte del sogno (il film citato sempre da Elvio) l'uso della carta crea (con tutti gli elementi del film) un'atsfera molto simpatica e nevrotica allo stesso tempo.
inutile chiedersi se e come il digitale avrebbe potuto sostituirla.
certo è che non esistono strumenti o linguaggi superati. di superato c'è solo il metodo.