20 novembre, 2006

Le tre domande di Fooosco

Il nostro amico Fooosco ci pone tre splendide domande.
Le mie risposte sono scritte qui.
Invito tutti a contribuire nella sezione commenti.

- Non pensate che se non ci si chiede cosa sia arte e cosa no, implicitamente (e inevitabilmente) si dà un'opinione sull'arte stessa, vale a dire proprio quella che sembrate criticare (mancanza di linguaggio, varietà delle opinioni, impossibilità di definizione)?
Caro Fooosco,
come posso scatenare un gioco tra me e quelle opere d'arte che si chiedono e mi chiedono cosa sia l'arte, se io per scelta ho deciso di non pormi questa domanda?
Sottovalutando la domanda, sottovaluto anche chi me la pone.
Ma questo non vuol dire ritenerla inutile. Per quel che mi riguarda è superata.
Probabilmente è passando attraverso le riflessioni che mi ha scatenato l'orinatoio di Duchamp che sono arrivato alla conclusione di non voler utilizzare più nella mia vita la parola arte.

- Non vi sembra che l'evitare di dare un giudizio sull'arte, immagino per non cedere al qualunquismo di quei commenti reazionari dell'articolo della BBC, vi porti tuttavia ad avere un atteggiamento figlio del più "vecchio" postmodernismo (ogni forma di espressione è allo stesso livello purché ritenga che un suo prodotto sia valido)?
Se cerco emozioni è stupido limitare la ricerca nelle gallerie o nei fumetti. Le emozioni le provavo anche a 3 anni con il mio sonaglino.
Se cerco riflessioni non è detto che debba per forza cercarle nell'orinatoio perchè le riflessioni me le scatena anche l'uscita di un imbecille come le parole del dott. Antonio Guidi del post precendente (due cose che non si chiamano arte).
Le forme di espressione che in genere appartengono all'arte (scrittura, disegno ecc...) non sono per natura su un livello diverso di altre forme di espressione.
Possono esserlo. Penso che le cose siano sempre in movimento e che la top ten cambi di secondo in secondo.


- Non ritenete al contempo che la mera esperienza estetica o visiva o emotiva, che dir si voglia - "mi piace o no?" - , e che sembrate prediligere assolutamente rispetto ad altri tipi di fruizione, sia limitante di fronte ad un'opera d'arte? In particolare dove l'attributo "contemporaneo" si accompagna ad opere che presuppongono una fruizione tendenzialmente intellettuale?
Tempo fa, sul blog di Foodstock, cercavo di porre la questione "mi piace\non mi piace" in merito a un articolo molto vago dedicato all'arte contemporanea. Elvio si chiedeva quale fosse il senso di tante cose che vengono fatte oggi.
In risposta lo invitavo a chiedersi prima se quelle cose gli piacessero. Poi andare alla ricerca di un dialogo con queste opere.
Il "mi piace o no" non lo propongo come chiusura di un rapporto con una qualsiasi opera dell'uomo bensì come il primo passo.
Dal "mi piace o no" in poi tutto e possibile.
Io, prima di tutto, chiedo alle cose di essere rapito.
Così mi piace.

3 commenti:

sergio ha detto...

a fooosche domande fooosche risposte.

1) qualsiasi posizione nei confronti di un manufatto non usclusivamente funzionale è un'opinione/posizione sull'arte - ma già qui si apre una voragine ermeneutica. il problema è che il novecento (contemporanietà o postmodernità che dir si voglia) "gioca" proprio sull'assenza costitutiva della definizione dell'arte. mi ritrovo sommerso di chincaglierie artistiche perché l'artista e (è) il mercante riempiono volutamente questo vuoto nel modo più spregevole o più "innocente" possibilie - quest'ultimo quando cercano di sostituire la mancanza di creatività o di riflessione con la positività di un ritorno, che ne so, all'infanzia o alla riscoperta del quotidiano. non ci voglio cascare, e per questo assumo l'impossibilità della definizione, ma in maniera critica, reattiva...

2)siamo sempre lì. l'anything goes è per chi è senza idee, per chi vuole guadagnare soldi facili alle spalle del fruitore rozzo e instupidito da formule postmoderne tipo "parificazione delle performance" o "sparizione del referente", che tra l'altro volutamente gli vengono buttate addosso per rincoglionirlo e fargli accettare le più bieche operazioni mercantilistiche. l'orinatoio era una registrazione delle stato/statuto dell'arte, e tra i pochi a capirlo ci sono stati pollock e warhol. solo che oggi, nella mancanza di un seppur minimo avanzamento, la provocazione viene presa per oro colato e ci si ostina a riprodurre ciò che era un cenno, un modo per dire "qui è finito, proviamo altre strade". ma sono stati veramente in pochi a farlo. il resto si adagia nel tanto caldo e comodo postmodernismo accattone.

3)il piacere del palato, finalmente libero di dominare il giudizio estetico, oramai comanda. non condivido l'atteggiamento di roberto. reietto per secoli, il palato ora è irrefrenabile e, saldandosi con la mancanza delle definizioni, ha condotto verso l'individualismo più sfrenato nel giudicare e definire l'arte e a tutto ciò che questo comporta. senza contate lo scontanto antintellettualismo - non certo per ale! - che tale posizione comporta. stomaco pieno e di cibo buono, altrimenti che ho speso a fare i soldi... dall'altra parte, l'incomprensibilità dei prodotti artistici delle "avanguardie" presenti ha la stessa funzione, solo che riempie in un altro modo...

p.s. per fooosco. decidere se quella è una casa coloniale o post-coloniale, se deleuze o foucault sono filosofi o se quel gruppo è shoegaze o dream pop mi fa solo perdere tempo, oltre al fatto che faccio il gioco di esseri abbietti e noiosi come i critici o gli storiografi - continuo cioè a farli sopravvivere.

Anonimo ha detto...

intanto ringrazio roberto, da solo, per l'onore di apparire citato addirittura in un post di integratore e, insieme a sergio, per aver dato risposte complesse e stimolanti.
Spero di trovare presto un momento adatto per raccogliere le idee e continuare lo scambio. Fate pure finta di
perdonarmi per ora...

matteo bergamelli ha detto...

Caro fooosco scusa il ritardo con cui rispondo ma non sono riuscito prima.
Le tue domande sottolineano quella che sembrerebbe una contraddizione:
vorreste definire l’arte contemporanea ma vi limitate a indicare ciò che vi piace e ciò che non vi piace, rinunciando così a darne una definizione;
ma forse c’è un equivoco perché quando io dico che un’opera mi piace lo faccio in base ad una idea di arte e di quello che dovrebbe essere, abbastanza precisa, ma io mi trovo a fare i conti con un dato, che tra quello che mi viene proposto dal panorama artistico ci sono cose che trovo sublimi e altre che (a mio giudizio) con l’arte non c’entrano nulla. Eppure è sempre lo stesso sistema che me le propone, evidentemente il sistema ha molte teste. Come mi devo comportare?
Considerare artisti anche persone che penso siano dei cialtroni solo perché certificati da un sistema? Ad un certo punto quindi ho riconosciuto, come dice Roberto, che il piacere sia il primo passo per orientarmi. Del resto non facciamo lo stesso con la musica o la letteratura?
Non sto dicendo che sia impossibile dare una definizione teorica dell’arte, ma darne una sola valida per tutti;
probabilmente io e te abbiamo due concetti differenti di arte eppure sono sicuro che molte opere piacciono a tutti e due, oppure se ipotizziamo di pensarla allo stesso modo ci sarebbero comunque opere che a me piacerebbero e a te no; evidentemente ciò che forma il nostro giudizio non passa esclusivamente dalla nostra idea di arte.
La lettura tendenzialmente intellettuale come attributo del contemporaneo purtroppo è una trappola in cui cascano sia molti artisti che fruitori; l’esperienza estetica non è sinonimo, come tu scrivi, di esperienza emotiva ma l’unione di una esperienza emotiva e una intellettuale. Il mio quindi non è antintellettualismo ma la constatazione di un impoverimento.
Ed è questo che principalmente rimprovero all’arte contemporanea, avere privato le opere di provocare una vera esperienza estetica.

Non so se ho risposto precisamente alle domande, mi è venuta così,
ci sarà sicuramente modo di approfondire.