Heidegger, subito dopo la sua prima grande opera del 1927, Essere e tempo, non sa che pesci prendere con Nietzsche. Nel ’30 è già diventato famoso, ma ancora non si è confrontato decentemente con Nietzsche. Poi, a metà dei thirties comincia a studiarlo e si perde. Nel vero senso della parola. La sua mente vacilla e, così, più Nietzsche viene letto da Heidegger e più questo cade in una profonda depressione, di quelle che neanche l’analista sapeva dove andare a parare. Heidegger lo prende sul serio, o meglio, si lascia prendere la mano da Nietzsche perché, non sapendo opporre una resistenza adeguata, non può far altro che accettare supinamente ogni cosa del filosofo martellante. Ora, dopo Nietzsche, il problema che assilla Heidegger è più o meno diventato questo: “come faccio a giustificare la mia presenza dopo Hegel e, soprattutto, dopo Nietzsche? Non sono un buffone à la Bataille e non voglio neanche fare pseudoscienza alla Husserl: che diavolo mi rimane da fare?”.
Heidegger odia Nietzsche, prova quell’odio profondo che si prova nei confronti di chi ti ha rubato per sempre la donna della tua vita. Il problema di Heidegger è che non sa proprio come togliere di mezzo Nietzsche senza usare le stesse parole di questo, senza indossare i suoi vestiti e, soprattutto per uno come Heidegger, senza pensare le medesime cose.
Poi arriva l’idea: “E se provassi a infliggere proprio a Nietzsche il trattamento che ha riservato e che sempre riserverà a tutti, me compreso?”. A questo punto, l’astioso e il risentito Heidegger si industria, spende dieci anni e tiene numerosi corsi per leggere ogni opera scritta da Nietzsche, tutto il suo epistolario, pubblicato o no, consuma giornate intere a passare al setaccio ogni foglio che il povero Friedrich ha scarabocchiato fino al giorno in cui gli riuscì di scrivere o dettare qualcosa – cioè fino a quando, apparentemente fuso di testa, non cominciò a fraternizzare in pubblico con i cavalli. In questo modo, alla fine, Nietzsche diviene per Heidegger non solo un metafisico, ma pure l’ultimo dei platonici (leggi cristiani): Nietzsche rimarrebbe decisamente impigliato in quella storia nichilisticamente epocale che per Heidegger caratterizza l’Occidente intero, ma dal quale si tira fuori. “Diavolo – avrà pensato Heidegger – ci sono riuscito! L’ho sgonfiato, adesso gli tiro un bel calcio a ‘sto maledetto pallone, uno di quelli tanto potenti da non vederlo mai più all’orizzonte. Finalmente non rimbalzerà all’infinito come faceva sempre, non mi assillerà più la notte e così non potrà, ancora una volta, sghignazzare di continuo alla fine di ogni mio libro”.
En passant: a personaggi come Gadamer e Heidegger il calcio, quello sportivo, piaceva un sacco. Naturalmente, mica giocarlo ma guardarlo in televisione. Si divertivano a vedere come i radio/telecronisti riuscivano, attraverso il linguaggio, a dar senso e a star dietro alle continue improvvisazioni dei giocatori. Magari stravaccati e bevendo rigorosamente birra tedesca, tanto il fantasma di Nietzsche – per loro – non era più accovacciato dietro il divano…
Heidegger odia Nietzsche, prova quell’odio profondo che si prova nei confronti di chi ti ha rubato per sempre la donna della tua vita. Il problema di Heidegger è che non sa proprio come togliere di mezzo Nietzsche senza usare le stesse parole di questo, senza indossare i suoi vestiti e, soprattutto per uno come Heidegger, senza pensare le medesime cose.
Poi arriva l’idea: “E se provassi a infliggere proprio a Nietzsche il trattamento che ha riservato e che sempre riserverà a tutti, me compreso?”. A questo punto, l’astioso e il risentito Heidegger si industria, spende dieci anni e tiene numerosi corsi per leggere ogni opera scritta da Nietzsche, tutto il suo epistolario, pubblicato o no, consuma giornate intere a passare al setaccio ogni foglio che il povero Friedrich ha scarabocchiato fino al giorno in cui gli riuscì di scrivere o dettare qualcosa – cioè fino a quando, apparentemente fuso di testa, non cominciò a fraternizzare in pubblico con i cavalli. In questo modo, alla fine, Nietzsche diviene per Heidegger non solo un metafisico, ma pure l’ultimo dei platonici (leggi cristiani): Nietzsche rimarrebbe decisamente impigliato in quella storia nichilisticamente epocale che per Heidegger caratterizza l’Occidente intero, ma dal quale si tira fuori. “Diavolo – avrà pensato Heidegger – ci sono riuscito! L’ho sgonfiato, adesso gli tiro un bel calcio a ‘sto maledetto pallone, uno di quelli tanto potenti da non vederlo mai più all’orizzonte. Finalmente non rimbalzerà all’infinito come faceva sempre, non mi assillerà più la notte e così non potrà, ancora una volta, sghignazzare di continuo alla fine di ogni mio libro”.
En passant: a personaggi come Gadamer e Heidegger il calcio, quello sportivo, piaceva un sacco. Naturalmente, mica giocarlo ma guardarlo in televisione. Si divertivano a vedere come i radio/telecronisti riuscivano, attraverso il linguaggio, a dar senso e a star dietro alle continue improvvisazioni dei giocatori. Magari stravaccati e bevendo rigorosamente birra tedesca, tanto il fantasma di Nietzsche – per loro – non era più accovacciato dietro il divano…
(Immagini rubate dal sito: http://www.esponjiforme.com/)
4 commenti:
Sei un grande!!
complimenti
Fantastico davvero. Sono rimasto a bocca aperta quando ho letto di come tu faccia conciliare "nicce-ultimo-metafisico" con il toglierselo dalle palle del povero martino.
I miei più profondi complimenti.
Per la serie commenti costruttivi:
sei un banalizzatore.
Sono rimasto molto positivamente impressionato da questo articolo. E proprio perchè cercavo qualcosa del genere su Heidegger. Sto facendo un dottorato in filosofia ed una delle tesine seminariali che devo scrivere è proprio sul buon Martin.
Sinceramente non riesco proprio a digerirlo e quello che si dice qui mi conferma che forse non ho torto nel pensare che l'"immenso pensatore" in realtà non fu altro che un gran furbacchione ed opportunista. Ma con un Ego quello si immenso.
Vincenzo Nuzzo
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