Non è vero, come diceva Jonathan Swift, che non ci si guadagna nulla a difendere la libertà. Ci si guadagna sempre qualcosa: se non altro quella coscienza della propria schiavitù, per cui l'uomo libero si riconosce dagli altri. Poiché "il proprio dell'uomo" come scrivevo nel 1936, "non è di vivere libero in libertà, ma libero in una prigione".
Parigi, maggio 1948
Con queste parole Malaparte chiude la prefazione alla prima edizione italiana di Tecnica del colpo di Stato. E forse è proprio in questa coscienza piena e negativa del reale - che è poi quella di Albert Camus o di certe poesie di Emily Dickinson - che trovo il senso della parola libertà.
Con tutto il suo peso.
Con tutta la sua ineludibile acquisizione di responsabilità.
(Immagine: Daniel Clowes)
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