19 aprile, 2011

Letti per voi (roba comprata, presa in prestito o ricevuta in regalo)

Black blizzard
di Yoshihiro Tatsumi

Drawn&Quarterly
144 pagine

Se sei un fumettaro ventunenne e hai una consegna che ti pende sul collo, è probabile che tu ti metta al tavolo e che cominci a tirar via. E' così, non si scappa. Anche perché molte volte è proprio quando si è costretti a tirar via che la mano si scioglie e la testa si dice "ma sticazzi... facciamolo come viene". Ma se uno ha una mano che va in quarta e una testa che tiene il passo, c'è il rischio che in venti giorni nasca un piccolo capolavoro. Intendiamoci, non una di quelle opere che storia e critica dell'arte incenseranno nei secoli a venire, ma una sottospecie bastarda di capolavoro: quella che piaciucchia ai lettori e fa commuovere e rosicare gli addetti ai lavori (o aspiranti tali). Infatti, se chiedi a un lettore di riassumerti Black blizzard, lui ti dirà: "E' la storia di due evasi ammanettati insieme che scappano in una tempesta. Bellino... un po' acerbo... seminale". Invece, prova a chiedere la stessa cosa a uno che i fumetti ce li ha sotto la pelle. Sgranerà gli occhi è ti urlerà contro: "127 tavole in venti giorni! Ventun anni appena e sto stronzo con 127 tavole ha fatto la rivoluzione!". E io per questa sottospecie bastarda di capolavori ho un debole. Genio!


Pussey!
di Daniel Clowes

Fantagraphics
64 pagine

I fumetti che parlano di fumetti! Ah, che gusto! Scherzi a parte, io non sono un fissato di questo genere di operazioni (come no, la volta scorsa mi sono sperticato su A drifting life...), ma quando riescono, riescono bene. Qui Clowes si paracula un po' da sé, deridendo le ragioni misteriose per cui improvvisamente negli Usa, nei primi anni Novanta, il fumetto passò dall'essere una cosa da segaioli lowbrow a conquistare i salotti buoni dell'intellighenzia. In Pussey! seguiamo l'ascesa al potere di un demente matitista (Dan Pussey, appunto) che dall'oscuro sottoscala della Infinity Comics approda al successo e - soprattutto - al riconoscimento della propria (sopravvalutata) statura artistica. Ci sono prese per il culo a tutti: Gary Groth, i fratelli Hernandez, Art Spiegelman e altri ancora. Il collage è divertente, ma richiede un po' di dimestichezza con il Who's Who del fumetto americano. Insomma, una lettura spassosa e - come al solito - la proverbiale cura clowesiana per la confezione. Niente di più, ma va bene.

 
Magic beach
di Crockett Johnson

Front Street
60 pagine

Allora, sto per parlare di Crockett Johnson, quindi salto tutta la parte in cui cerco di evangelizzare i miei sette lettori facendoli convertire al culto di Harold. Facciamo finta che io mi sia sperticato come al solito e parliamo di questo libro e della sua storia editoriale. In breve, eh. Johnson scrive e abbozza questo libro per bambini nel 1959. I suoi editor stroncano il progetto con dei commenti senza appello: Magic beach è deprimente e troppo complesso per i piccoli lettori. E sarebbe morta lì. Sennonché qualche anno fa Philip Nel (che per noi johnsoniani è una specie di guardiano del faro) ha ritrovato gli originali di Crockett Johnson e ne ha ricavato questo libro prezioso. Ora qualcuno dirà: "Ah, cazzoni di editor! Sordi al richiamo dell'arte non avevano inteso il genio di Johnson". No. Non è così. Il libro è obiettivamente (un po') deprimente e (del tutto) inadatto a un pubblico di bambini. Non perché parla di due teenager goth che si tagliuzzano dietro il deposito degli autobus, ma perché racconta la storia di due bambini che imparano (a spese di un intero regno) il peso delle parole e la responsabilità che si assume scegliendole. Impossibile riassumere senza sbrodolare. Se quello che ho detto non vi è bastato a capire di che parla questo piccolo e sofisticatissimo libro, non vi resta che comprarlo. Se l'inglese vi spaventa, state tranquilli: sono due parole in croce e con un vocabolarietto bilingue ci smenate tutt'al più una mezzoretta. E ne vale la pena.


Barcazza
di Francesco Cattani

Canicola
128 pagine

La buona creanza vuole che se uno ha contribuito - seppure in minima parte - a una qualsiasi impresuccia artistica, si dovrebbe astenere dal commentarne gli esiti. Io però a questo dettame non ho mai tenuto fede, tant'è che tempo fa ho recensito Yeti di Alessandro Tota, mettendo in riga (si fotta la modestia) le uniche parole sensate che siano state dette su quel libro. Adesso invece provo a confrontarmi con Barcazza. Vedete, in realtà non è per buona creanza che di solito uno si trattiene dal giudicare le cose a cui ha preso parte. No. A essere onesti il più delle volte si tace perché non se ne può più, perché magari si è riletto quello stesso impaginato in pdf talmente tante volte che solo l'idea di parlarne fa venire il voltastomaco. Ecco perché ci ho messo tanto a scrivere di Barcazza. Ormai tutti i soliti ignoti ne hanno parlato (chi sa scrivere ha detto cose sacrosante, chi non sa scrivere ha poetato) e a me non resta molto da aggiungere. Francesco è un disegnatore di razza, di oscena pigrizia (non lentezza, eh: son due cose diverissime) e di naturale istinto narrativo. Il problema è che non disegna (o disegna poco), fa macerare le sue storie per troppo tempo (che io sappia ne ha almeno tre che ribolliscono da anni nel suo testacchione) e quando racconta non fa mai il passo più lungo della gamba. Basterebbe ripassarsi la sequenza del protagonista che recupera il suo cuginetto in una grotta sott'acqua (pp.39-46) per capire cosa potrebbe fare Cattani. Da uno con il suo talento mi aspetto grandi cose, altrimenti gli tolgo il saluto. Barcazza non è un inizio né tantomeno un esordio. A mio avviso è solo un'ottima occasione per chiudere i conti col passato. E' adesso che si comincia.


Sergio Toppi
Il richiamo della foresta

Edizioni San Paolo
100 pagine

Vado da mio fratello per il fine settimana e, fra le scartoffie che ha comprato per due lire da un colossale mercatone dell'usato, trovo questa raccolta di tre opere di London adattate da Sergio Toppi. Inutile perdere tempo a sperticarsi sulla maestria infinita di Toppi. Ci sono delle tavole che fanno venire i brividi, dei passaggi che sono al tempo stesso delle perle di montaggio e di decorativismo spinto e dei neri che neanche la notte dei nostri avi preistorici potrebbe eguagliare. Detto questo, non sono qui per parlare bene di Toppi (troppo facile), ma per rattristarmi dell'ennesima dimostrazione (ne avevo bisogno?) della scarsissima considerazione in cui i responsabili del Giornalino tengono lo sconfinato patrimonio di fumetto che hanno sotto il culo. Intendiamoci: le edizioni San Paolo non sono la Fantagraphics e ci sta tutto che facciano dei volumi di modesta fattura e a prezzi abbordabili. Ma qualcuno mi spieghi che senso ha fare dei libri così mal pensati, mal ideati, mal proposti. Il libro in questione è del 1996. Limitiamoci alla copertina, così vi risparmio tutta un'altra pezza sulle appendici, sulla selezione e sull'abbinamento dei racconti, sulla loro scaletta... Limitiamoci alla copertina, dicevo: che senso ha chiedere a un bravissimo disegnatore come Tacconi di ricalcare (esatto, ricalcare) dei disegni di Toppi? Che senso ha prendere dei classici di London (che già nel 1996 non era più considerato da un pezzo "letteratura per ragazzi") e copertinarli come fossero un album da colorare per bambini ritardati? Che senso ha, cari custodi della miniera fumettara del Giornalino, vestire i vostri libri in modo che si confondano all'almanacco delle sementi di Frate Indovino? Che senso ha perdere tempo e soldi in un progetto pedagogico di solido stampo tardo-ottocentesco se poi mandate tutto in vacca con una veste grafica che è a pari merito con le nature morte stampate sui sacchetti di carta dei fruttaroli? E, ripeto, mi sono limitato alla copertina. E' proprio vero: chi ha il pane non ha i denti.

5 commenti:

sparidinchiostro ha detto...

Mi sono distratto e il feed reader mi ha tradito... Arrivo solo ora.

Tutte robe belle e necessarie, Pasquale. Ma parliamo un attimo del giornalino.
Le domande sono:
1) se hai una storia editoriale così articolata perché non la sfrutti?
2) se hai personaggi che ancora oggi riescono a essere potenti perché non costruisci prodotti editoriali mirati?
3) se hai i soldi per mandare in edicola un settimanale e pagare i collaboratori, perché fai quella merda?

Pensa quanto sarebbe più facile ridurre il numero di pagg prodotte in Italia in favore di 1) traduzione di lavori stranieri e 2) maggiore concentrazione sulla qualità dei prodotti commissionati?

Vogliamo provare a stendere la lista dei fumetti francesi americani giapponesi coreani cazzimazzzi che il giornalino potrebbe pubblicare (pagandoli meno di quello che paga per la prima pubblicazione di robe inguardabili)?

L'idea che settimanalmente venga confezionato un prodotto di qualità così bassa è spaventosa.
E' sicuramente fatto da persone che poi partecipano a tavole rotonde in cui si raccontano che le riviste di fumetti per bambini sono necessarie. Esticazzi.

Anonimo ha detto...

Ciao P (& P)
Le tue recensionia mi fanno capire che la mia scarsa dimistichezza con gli acquisti on-line mi sta precludendo la lettura di una serie di perle non ancora -e forse mai- tradotte.
Malgrado tu gli assegni solo un 6 e 1/2 mi attira molto Pussey di Clowes. Mi sembra di capire che sia una sorta di "Oltre il giardino" in cui l'equivoco-sopravvalutazione sia artistico invece che politico. Un grande spunto, qualcuno ci aveva già pensato (interrogo il tuo archivio enciclopedico)? Fatta eccezione per il tema della "caduta dei miti artistici" che è antico come il mondo.
Spassose le riflessioni sul Giornalino. La cosa folle è che se hanno chiesto a Tacconi un restyling caramellato-glassato della copertina vuole dire che qualche capetto di redazione considerava le immagini originali troppo inquietanti per l'adolescenza. Siamo alla censura dei contrastati a china come pericoloso viatico a quelli ontologici.Neanche il realismo socialista era arrivato a tanto....
Però ha questo di positivo: quante volte nella nostra epoca il contenuto è meglio dell'involucro? C'è del metodo (e dell'etica) in questa idiozia :-)
Un abbraccio a entrambi

Carlo (B)

pasquale la forgia ha detto...

è la seconda volta in pochi giorni che blogspot mi zappa un commento. facciamo finta che non sia successo e rimettiamoci a scrivere calmini calmini. allora...

caro paolo,
sono d'accordo con te su tutta la linea. non ho mai acquistato il giornalino (né in edicola né in chiesa). uno zio di mia madre lavorava alle edizioni paoline (da qualche anno si chiamano san paolo, ma sono sempre loro) e quando veniva a trovarci portava con sé un valigione carico di giornaletti e libri per ragazzi. è così che mio fratello e io abbiamo conosciuto toppi, battaglia, tacconi, gattia, bottaro, landolfi, mattioli, de luca e non so quanti altri ancora. è su quelle letture che ho formato il mio gusto di piccolo lettore. e credo di poter dire lo stesso per mio fratello. supereroi e bonelliani sono venuti molto tempo dopo. è per questo motivo che ogni volta che mi capita per le mani l'ennesima porcheria targata giornalino mi scende la depressione e mi sale l'incazzatura. non è la nostalgia per i miei pomeriggi di lettura a farmi parlare, ma la netta sensazione che buona parte di quei fumetti siano oro colato ancora oggi. alla san paolo hanno per le mani un patrimonio inestimabile di fumetto, ma evidentemente preferiscono che finisca nel dimenticatoio. è vero: ogni tanto ristampano qualcosa, ma come puoi prendere un gigante come toppi e ristamparlo in quel modo? come ti passa per la testa di riproporlo con quelle vesti lacere e impresentabili? se fai un'operazione del genere, io mi chiedo: ma a chi credi di parlare? quale lettore pensi di intercettare? e soprattutto, se proprio vogliamo tirare in ballo i massimi sistemi, che domani stai immaginando?
quando ci incontriamo di persona o quando ci scambiamo ideuzze in luoghi come questo, spesso ci chiediamo chi potrebbe/dovrebbe farsi avanti per dare rilievo al patrimonio di fumetto italiano. la san paolo avrebbe i contenuti e la filiera per farlo (senza contare il suo progetto educativo che, condivisibile o meno, dovrebbe spingerla a far meglio).
per farla breve, alla san paolo hanno per le mani un tesoro e non sanno che farsene.

caro carlo,
pussey! è divertente, ma è un collage di brevi episodi legati da una tenue continuity. non è un capolavoro, ma non credo che clowes ci abbia nemmeno provato a renderlo tale.
per quanto riguarda tacconi vs. toppi, credo che il problema fosse il seguente: forse questo libretto rientra in una collana più ampia e per la quale avranno chiesto a tacconi di ricopertinare alla buona tutti i volumi per dare continuità. fatto sta che il risultato è imbecille da qualsiasi angolo uno provi a vederlo.

un abbraccio a tutti e due,
p

pasquale la forgia ha detto...

@ carlo:
dimenticavo. anch'io sono nuovo agli acquisti online, ma da quando ci sono siti come play.com e bookdepository.co.uk che non fanno pagare una lira di spedizione, be'... non ci sono più scuse. la scelta di fumetti (e non solo, chiaramente) è ampia, gli sconti sul prezzo di copertina sono molto frequenti e inoltre di molti libri esistono anche edizioni economiche che qui in italia non vedrai mai.
insomma, se vuoi rinfrescare l'inglese e possiedi una merdosissima postepay, il gioco è fatto.

Anonimo ha detto...

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