Carissimi, ne è trascorso di tempo dal mio ultimo segno di vita. Quasi un mese. Nel frattempo ne sono passate di cose davanti ai miei occhi. Alcune le ho dovute sorbire così com'erano, altre le ho potute ripensare al volo, cambiare a mio gusto. Insomma, a ben guardare niente di nuovo. Solo la normale routine di uno che come tanti sfoglia di tutto, inciampando ogni tanto nel desiderio di soffermarsi su qualcosa.Inutile dire che la pila dei libri in sospeso (o in lettura) ha già da tempo raggiunto il soffitto - ormai si tratta di una colonna portante e avrò bisogno di un permesso della protezione civile per smantellarla. Lo stesso vale per il codazzo di film che sgomitano nel mio hard disk: tutti capolavori d'annata, pellicole appartenenti allo scomodissimo filone del "Non l'hai ancora visto? Ma è un classico!". Ma fra i mille libri non letti e i duemila film non visti, c'è anche stato il tempo per portare a compimento qualcosa.
Innanzitutto - per ragioni che per ora lascio oscure - ho dovuto rifare il punto sull'iconografia buzzatiana, cercando di recuperare il filo di una bellissima mostra tenuta a Belluno nel 2002 e riesumata in parte a Milano, in un recente allestimento alla Rotonda della Besana. E rivedendo Buzzati, non potevo non imbattermi nel suo (e mio) amatissimo Bellmer (di cui potete vedere qui sopra un'opera delle serie Poupées).
Diciamo subito che ho sempre sentito un debito di riconoscenza nei confronti di questo autore: forse per le sue anatomie straziate e plurisessuate, per la gommosità del tratto, per il controllo impeccabile e dissipato delle forme. A farla breve, per un motivo o per un altro, mi sono spesso ritrovato a pensare di dovergli molto, forse più per una sconclusionata teoria del segno, che non per una mia effettiva adesione alla sua dimensione grafica. Certo è che quei suoi intrichi di arti e tendini, quei grovigli di impalcature cartilaginee mi hanno sempre fatto più effetto dei pur affascinanti meccano architettonici di Escher.
Diciamo subito che ho sempre sentito un debito di riconoscenza nei confronti di questo autore: forse per le sue anatomie straziate e plurisessuate, per la gommosità del tratto, per il controllo impeccabile e dissipato delle forme. A farla breve, per un motivo o per un altro, mi sono spesso ritrovato a pensare di dovergli molto, forse più per una sconclusionata teoria del segno, che non per una mia effettiva adesione alla sua dimensione grafica. Certo è che quei suoi intrichi di arti e tendini, quei grovigli di impalcature cartilaginee mi hanno sempre fatto più effetto dei pur affascinanti meccano architettonici di Escher.
Doverosa interruzione
Il senso di queste note sfugge anche a me che le scrivo. So solo che è così, e non può essere altrimenti. Io leggo, sfoglio, vedo, appunto, commento, glosso, (mi) spiego... poi mi metto qui e butto giù due righe su quello e quell'altro, e continuo a essere quello che sono: un consumatore felice.
E proseguo, rapsodicamente, nel mio beato e privilegiato cazzeggio fra le merci.
(Continua...)
6 commenti:
Buzzati mi pedina da quando sono bambino, ma quando mi volto di scatto è più veloce di me a sparire dietro un albero o una parete.Prima alle elementari con Dolfi il "povero bambino" che qualche supplente matta decise di farci leggere. Poi con "ragazza che precipita" dove Tex Avery incontra in volo Monsieur Proust.I suoi quadri sono cibo per gli occhi ma la vera gratitudine gliela devo per il raccontino "il critico d'arte" che mi ha restituito le immagini al loro silenzio. Lo lessi su un fascicoletto della serie "scrittori del Corriere" e non l'ho più ritrovato in nessuna raccolta.Lo conosci?
caro anonimo,
no, non conosco il racconto di cui parli. ammetto di conoscere molto meglio il buzzati pittore. anche se il deserto dei tartari resta una lettura molto importante. per chi lavora in una redazione è una lettura obbligatoria, e non solo per doverosa "cultura generale". qui (bastano le primissime righe) spiegano il perché.
adesso ti lascio. torno alla mia privilegiata condizione di consumatore professionista.
ciao
Caro consumatore, ti faccio omaggio di una versione jpeg del racconto in questione.La trovi come primo post (http://sostituto.blogspot.com/) di un ennesimo inutile blog fresco di qualche secondo dove spero di mettere a disposizione dei tarli della rete i miei amati archivi.Uno un po'meno anonimo
caro un-po'-meno-anonimo,
grazie mille del regalo.
e benvenuto nella matassa.
ciao,
pasquale "agin'" la forgia
Che classe. E io sempre pronto alla stronzata, ovviamente.
Volendo potremmo saltare di post in post, inquinare discussioni serie o animanre articoli spenti sul nascere, percorrendo uno spazio-tempo del tutto arbitrario e impossibile poi da ricostruire.
Oppure no, tanto il blog è il tuo.
A men
ero sicuro che avresti rilanciato
e pure di brutto
to be continued...
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